Sweet Marta (2001)

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Recensione JazzIT
Dopo “Eyes And Stripes” , il bel disco precedente dato alle stampe sempre per la DDQ, Martinale mette in piedi un trio per interpretare brani costruiti su semplici e cantabili melodie. L’oasi rilassata creata dal pianista torinese scivola tra continui flussi di armonia sciolta e di sonorità ad ampio respiro. Senza imprendibili pretese , ma con un dettato sicuro - vicino, permettetecelo, a certe estetiche alla Petrucciani o a Grailler – Martinale stimola i suoi musicisti senza contrapposizione alcuna, raggiungendo così i dialoghi ideali per le sue brillanti soluzioni compositive.
Nella play list sempre ispirata e coerente, emergono News From The Pier, il blues a Crew With Drew, dedicato al solido contrabbassista statunitense, vero perno dell’incisione, nonché la danzabile leggerezza di Sweet Marta.
Gianmichele Taormina - Jazzit marzo-aprile 2002
Recensione Musica Jazz
Martinale è un artista al quale non bisogna chiedere di sperimentare o di innovare. Il suo ambito è la tradizione, nella quale si muove con dimestichezza ottenendo non di rado risultati superbi.
Già “Eyes And Stripes”, in quartetto con Fabrizio Bosso, aveva dato una prova di maturità.
“Sweet Marta” è la riconferma del Martinale pianista più che del Martinale leader. Quest’ultimo si limita a due scelte significative e cioè quelle dei due compagni di viaggio. Sia il bravissimo Gress sia Franciscone lo assecondano, lo stimolano, contribuendo a creare le condizioni per una perfetta conversazione.
Il lavoro di Martinale in questo disco non è lontano da quello che spesso contraddistinse l’ultimo trio di Bill Evans (con Marc Johnson e Joe La Barbera), cioè il prendere un brano e interpretarlo con energia, perfino con foga. Il pianista ha una tecnica che gli permette di sviluppare assoli piuttosto acrobatici con estrema naturalezza (si ascolti In Un Momento, con la mobilissima batteria). E mostra anche un cospicuo ed elegante talento d’autore, a cominciare da Empty Sunday e da St.Ives Tide.
Giuseppe Piacentino - Musica Jazz, maggio 2002
Recensione All abaout Jazz
All'interno dello spettro emotivo evocato dall'esperienza sonora, potremmo probabilmente collocare l'arte di Luigi Martinale nei pressi dell'area della celebrazione. Della tradizione, certo; di una certa maniera - mai di maniera - di suonare, forse; di altri illustri pianisti, inevitabilmente; della gioia pura di fare musica, banalmente. Forse poco importa di che cosa. Il pianismo di Martinale contagia l'ascoltatore di feedback positivi e distensivi. Lo fa con una leggerezza e un'affabilità encomiabili, attraverso un espediente tanto semplice quanto incisivo: un raffinato e complice corteggiamento della melodia. La musica è qui ridotta all'essenziale, ma - si badi - non in termini strutturali, bensì comunicativi. Dalle dita sulla tastiera all'orecchio sedotto, tutto ruota attorno ad una contagiosa e immediata cantabilità; invariabilmente impegnata a toccare le giuste corde dell'animo perché genuina e vivida, de carne y hueso come direbbe Miguel de Unamuno.
Le benevole concessioni di cui Martinale si fa premura, non devono tuttavia impedire all'ascoltatore di cogliere le preziose architetture sovrastanti, relegandole sullo sfondo. Il sottile gioco di danzanti melodie che contraddistingue queste opere è difatti sostenuto da una profonda attenzione per la costruzione dei brani, tutt'altro che banale, coadiuvato in maniera eccellente in ciò dai validi musicisti cui si accompagna.
Sotto questo profilo si distinguono ovviamente Drew Gress nell'album in trio e Fabrizio Bosso nella più recente produzione in quartetto. Il contrabbassista americano è il partner ideale per assecondare la romantica vena poetica di Martinale, e la sua presenza - così come quella del mobile e musicale batterismo di Franciscone - è perfettamente calibrata nel gruppo, dando così vita a una visione musicale sinergica.
Emiliano Neri - www.allaboutjazz.it
Recensione Jazz Italia
Già dal primo ascolto, Sweet Marta ti cattura in un'atmosfera familiare attraverso sonorità capaci di metterti immediatamente a tuo agio. È la prima esperienza con il trio di Luigi Martinale, giovane pianista che già si è saputo distinguere con lavori di ricco spessore.
Ad interpretare brano per brano lo spirito che il piano di Martinale ha voluto infondere in Sweet Marta ci sono Paolo Franciscone alla batteria e Drew Gress al basso, che vanta collaborazioni eccellenti tra gli altri con Dave Douglas e Joe Lovano.
Sweet Marta è un lavoro con una sonorità compatta, equilibrata, che, nell'armonia che lega gli undici brani dell'album, chiaramente evidenzia una precisa scelta stilistica. Sarebbe praticamente inutile riconoscere a uno a uno i "debiti" di Martinale nei confronti dei "maestri" del trio pianistico da Bud Powell a Keith Jarrett, perché Sweet Marta, piuttosto che indicare un singolo ispiratore, rende omaggio alla tradizione di questa formazione jazz esprimendone in pieno la classicità.
Tuttavia, Martinale riesce esemplarmente a sintetizzare la grande tradizione del trio pianistico con un senso della melodia tipicamente italiano; non ne è prova solamente la riesumazione de Il primo pensiero d'amore di Cherubini, ma l'intero album gioca con melodie di nostalgica leggerezza.
Non a caso Sweet Marta si apre con il ¾ di News from the pier, quasi per introdurci da subito nelle lontananze di musiche d'altri tempi, dove anche l'assolo di basso di Gress è estremamente melodico; così la ritmica latina di Full in the sun non ha nulla di caraibico, ma ammalia con una solarità tutta nostrana.
A crew with drew rende in pieno un altro aspetto che determina la leggerezza di Sweet Marta: in un album senza furori, i colpi di avambraccio di Martinale sul piano esprimono bene lo spirito ironico del pezzo. La title-track Sweet Marta ha una melodia veramente "dolce", con un notevole assolo di Gress nel cuore del pezzo: Marta, chiunque sia, non può non restarne affascinata.
La malinconia di St. Ives Tide arricchisce la tonalità emotiva dell'album, mentre la melodia vagamente francese e l'andamento crescente di Empty Sunday possono ricordare Jacky Terrasson.
Insieme a tutte queste tracce a firma Martinale, completano Sweet Marta due standards mai banali come I fall in love too easily e It might as well be spring, ineccepibilmente eseguiti; per Love is a many - splendored thing, la canzone del film omonimo, Martinale sceglie felicemente di interpretarla secondo una ritmica più veloce rispetto all'originale, infine con In un momento a firma Risso emerge il feeling tra i membri del trio.
Tra i diversi pregi di Sweet Marta, è indicandone uno in particolare che vogliamo concludere: il rispetto per l'ascoltatore. Pur restando sempre sensibile alla propria ispirazione e al proprio progetto jazzistico, in Sweet Marta Martinale ha pensato anche all'orecchio dell'ascoltatore, alla godibilità e alla comunicatività della sua musica.
Dario Gentili - www.jazzitalia.net

LABEL: DDQ
ARTIST : LUIGI MARTINALE TRIO
TITLE : SWEET MARTA

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LINEUP:
Luigi Martinale (p)
Drew Gress (b)
Paolo Franciscone (ds)

TRACK LIST:
1. News From The Pier (Martinale)
2. Full In The Sun (Martinale)
3. I Fall In Love Too Easily (Cahn / Styne)
4. A Crew With Drew (Martinale)
5. Sweet Marta (Martinale)
6. In Un Momento (Risso)
7. St. Ives Tide (Martinale)
8. Love Is A Many Splendored Thing (Fain / Webster)
9. Il Primo Pensiero D’ Amore (Cherubini)
10. Empty Sunday (Martinale)
11. It Might As Well Be Spring (Martinale)

Liner notes
Il “virus dell’influenza”: potrebbe sembrare una frase storica di Nietzche. Mi riferisco, invece, al virus dell’influenza, che può essere letale sia essa asiatica, spagnola, russa. Penso che esista anche un altro virus, ancora più devastante e letale: quello del jazz per il quale non esiste cura, neppure quella antibiotica. Per un pianista il rischio è il contagio da altri ceppi resistenti: Bud Powell, Thelonious Monk, Bill Evans, Keith Jarrett, e tanti altri per cui la guarigione è impossibile, esclusa! Detto ciò, vorrei esprimere il mio modesto giudizio su questo nuovo lavoro di Luigi Martinale. Ho conosciuto Luigi una decina d’anni fa, da poco “contagiato”, quando aveva appena terminato gli studi in Conservatorio. Mi rendo ora conto di come la malattia sia progredita….ahimè, caro amico, non hai scampo..! Il virus del jazz ti ha ormai divorato! Ottimo lavoro, un disco piacevole, senza ricerche assurde, una registrazione di jazz dove ogni musicista dà il suo meglio per il bene del gruppo. La formazione in trio, in particolare, mette alla prova il pianista che deve riuscire ad impostare dialogo, assoli e dinamiche. Luigi Martinale è riuscito in tutto questo anche grazie all’apporto di un eccezionale bassista, Drew Gress, e di un batterista, Paolo Franciscone, dosato, incalzante all’occorrenza e che ha capito il suo ruolo.
Belli i temi di Martinale. In News from the pier, il ¾ che dà inizio al cd, Martinale fa buon uso della mano sinistra su una gradevole melodia, e Gress si esprime con un bel solo di basso. La ritmica latina di Full in the sun fonde molto bene la melodia con la cadenza ritmica sino a sfociare nei soli, dove il groove del batterista è incalzante e intelligente nelle dinamiche: ottima scelta nel condurre un trio. I fall in love too easily, grande standard, melodia non scontata, trattato come si deve dal trio, buone sostituzioni armoniche; tutto scorre molto bene con l’atmosfera che il brano richiede ed è ottima la scelta in ¾. L’apertura in piano straight è una delle cose che più mi affascinano, perché è difficoltoso, si è interamente scoperti e la mano sinistra deve bilanciarsi perfettamente con la destra: anche con questo A crew with Drew Martinale ci sa fare (hai usato l’avambraccio per i glissati!). Molto simpatico l’accompagnamento in battere: nel jazz un po’ di umorismo non guasta. Amo questo cosa. In Sweet Marta, delizioso tema in ¾ spicca notevolmente il solo di Gress, molto discorsivo e .… intonato, specialmente nel registro acuto. Se In un momento, brano di Stefano Risso, la solidità del basso fa nuovamente da perno alla ritmica, il tutto con un buon interplay, in St Ives Tide Martinale si avventura in progressioni armoniche non scontate con un tocco della mano destra volutamente delicato per una melodia dolce e raffinata. L’atmosfera evansiana caratterizza Love is a many-splendored thing, canzone di successo tratta dal film omonimo e raramente ripresa dai jazzisti; nata come brano lento, qui è invece realizzata molto veloce. Il primo pensiero d’amore di Cherubini è un brano coi “capelli bianchi”. Miracolo del jazz! … interpretare e trasformare soggettivamente una semplice canzone, fatta di semplici accordi, sostituirli egregiamente in modo non forzato e piacevolissimo. Lodevole il solo di basso. Credo che Empty Sunday sia stato dedicato a Gress: suo è il primo solo dove esprime tutta la sua inventiva e, in modo evidentissimo, la solidità ritmica. Bello il finale sulla coda con interventi di batteria molto dinamici. L’ultimo brano, It might as well be spring, grande standard di Rodgers, è in origine nato come ballad, con alcune parti di non facile lettura, in particolare la piccola coda finale che autori come Cole Porter usavano per aggiungere qualche parola in più al testo: è un buon esercizio mnemonico! Fluido il solo di pianoforte, molto discorsivo e logico quello di basso.
Un buon lavoro, un ascolto molto piacevole. Spero e mi auguro che il virus del jazz dilaghi e contagi l’intera umanità per un ascolto intelligente...
Dr. Jekyll and Mr. Mario Rusca